Newsletter #3 – giugno 2017

A cura di: prof.ssa Giuditta Alessandrini, dott. Claudio Pignalberi,
dott.ssa Maria Caterina De Blasis

Ben ritrovati sulle pagine virtuali della Newsletter del Master Hr-Specialist, Professionisti per le Risorse Umane dell’Università degli Studi di Roma Tre.

In questo nuovo numero vorremmo riflettere sul diversity management che, partendo dall’assunto che le persone sono il patrimonio centrale di un’organizzazione, si pone l’obiettivo di sensibilizzare il management alle esigenze soggettive dei singoli lavoratori, ipotizzando modalità di sviluppo dei diversi potenziali e rifiutando l’idea di una visione della popolazione organizzativa come un insieme indifferenziato (Alessandrini G., 2010).

Tra le varie diversità, da quelle di genere o culturali, a quelle di età o di disabilità, per questa terza uscita abbiamo deciso di soffermarci, in particolar modo, sul tema del gender gap, proponendovi una serie di contributi che abbiamo ritenuto interessanti e pertinenti.

Vi proponiamo, inoltre, di consultare l’articolo scritto dalla professoressa Giuditta Alessandrini per la rivista Metis, sullo smart working e il libro “Smart working. Nuove skill e competenze”, curato dalla stessa autrice per Pensa MultiMedia Editore. La tutela di questa forma di lavoro è divenuta legge (la numero 81/2017) lo scorso 22 maggio, dopo il via libera del Senato all’approvazione, seppur con alcune modifiche, del DDL presentato a febbraio del 2016 dal senatore Maurizio Sacconi, presidente dell’XI Commissione permanente (Lavoro e previdenza sociale).

Dalla legge, entrata in vigore il 14 giugno con il titolo “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”, si evince come anche lo smart working possa essere considerato uno strumento per conciliare le diversità e colmare il gap di genere presente nel mercato del lavoro italiano. All’articolo 18 della nuova norma si legge, infatti, che le disposizioni sul lavoro intendono «incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro».

“Global Gender Gap: Italia ferma a quota 50”

«Certo, Fred Astaire era un grande, ma non dimenticate che Ginger Rogers
faceva le stesse cose, in più all’indietro e sui tacchi alti!»
(Bob Thaves)

 

Ogni anno, dal 2006, il World Economic Forum propone il Global Gender Gap Index, attraverso il quale fornisce un quadro di insieme che misura il divario di genere in oltre cento Paesi del mondo, basandosi su quattro diversi criteri: partecipazione e opportunità economica, livello di istruzione, salute e tasso di sopravvivenza, responsabilità politiche.

Nell’ultimo report, quello del 2016, l’Italia occupa la 50esima posizione. Qualche passo avanti rispetto al 2015, dove, invece era ferma alla 72esima, ma decisamente lontana dagli standard della top ten che vede sul podio Islanda, al primo posto per l’ottavo anno consecutivo, Finlandia e Norvegia. Se si nasce uomo o donna in queste nazioni, dunque, non fa molta differenza in termini di carriera o di istruzione, così come non lo fa in Ruanda o nelle Filippine, rispettivamente quinta e settima nel ranking del WEF (Fig.1). Va specificato, però, che gli indici del Global Gender Gap misurano le differenze interne di opportunità tra i generi e non il loro livello assoluto, evitando in questo modo di penalizzare i Paesi più poveri. Il World Economic Forum assegna 1 come punteggio maggiore per l’uguaglianza, mentre il punteggio minimo è 0 e corrisponde alla totale disparità di genere.

La situazione italiana appare critica anche se si analizza singolarmente ogni criterio esaminato dal WEF (Fig.2). Il “Bel Paese”, infatti, occupa la 117esima posizione (su 144) per quanto riguarda il divario in ambito economico (punteggio di 0.574), la 56esima se parliamo di istruzione e la 72esima in termini di salute. Anche se in questi ultimi due casi, gli indici – rispettivamente di 0.995 e 0.974 – indicano una parità quasi completa tra donne e uomini, i valori, però, sono comunque più bassi rispetto a quelli delle altre nazioni analizzate. Il punteggio di 0.331 ci porta, invece, al 25esimo posto in riferimento agli incarichi politici. Un risultato che dimostra chiaramente come, anche a livello globale, il coinvolgimento delle donne nella res publica non raggiunga percentuali molto elevate. (Fig.3)

(Fig.1)

(Fig.2)

(Fig.3)

 

Ce lo chiede l’Europa: “È ora di chiudere il gap”

Un’efficace e simpatica presentazione, realizzata dalla Commissione Europea, per spiegare cos’è il gender pay gap e abbattere alcuni dei luoghi comuni che spesso vengono usati quando si parla delle donne al lavoro…

 

“Equal pay? It’s time to close the gap, European Commission

http://ec.europa.eu/justice/newsroom/gender-equality/infographs/equal-pay-day-2015/equal-pay-day/index_en.html

 

Quando i premi di produttività aumentano il gender pay gap

«Il divario retributivo tra uomini e donne (a parità di mansioni) non sarà dovuto anche ai premi di produttività, che – alla fine – finiscono più spesso nel portafogli degli uomini che nelle borsette delle donne?». È da questo interrogativo, a cui hanno tentato di rispondere i ricercatori dell’Università di Verona, insieme ai colleghi della Queen Mary University di Londra e dell’Università della Silesia in Polonia, che prende le mosse l’articolo di Rita Querze per il Corriere della Sera…

 

“Il premio di produttività discrimina le donne?”, di Rita Querze, Corriere della Sera

http://nuvola.corriere.it/2017/02/09/premi-di-produttivita-piu-bassi-per-le-donne-cosi-aumenta-il-gender-pay-gap/

 

Una campagna per superare i pregiudizi

Due candidati, entrambi interessati alla stessa posizione di lavoro, entrambi con lo stesso background di studi e di esperienze, ma di sesso diverso. Interrogati su formazione ed esperienza lavorativa, danno le stesse risposte. Al momento di chiarire le aspettative economiche, però, nonostante siano una sola persona e propongano la medesima cifra, il selezionatore si dichiara disponibile ad accettare la richiesta di retribuzione del candidato uomo, trovando invece eccessiva la richiesta della donna. La pubblicità progresso della campagna “Punto su di te”…

 

“Punto su di te: per superare i pregiudizi sulle donne”

https://www.youtube.com/watch?v=KymD3P0K8MQ

 

 

Save the date: 2133

È questa la data, secondo il World Economic Forum, in cui si annullerà il gap uomo-donna. Sull’argomento vi consigliamo questo video realizzato per La7…

 

“Donne e lavoro: i dati della discriminazione”, di Laura Muzzi, Tagadà, La7

https://www.youtube.com/watch?v=uEDWuVw3Pcs

 

Non è un Paese per donne

Un’analisi dei dati, realizzata dal Corriere della Sera, mostra come un uomo, a fine anno, riesca a pagare sei mensilità di un asilo privato in più rispetto a una donna, o a regalarsi un viaggio di due settimane alle Seychelles…

 

“Se la differenza fra uomo e donna è una vacanza a quattro stelle”, di Lorenzo Bodrero. Corriere della Sera

http://www.corriere.it/datablog/gender-pay-gap-italia/titolo-tavola/scheda-1.shtml

   Puella, puellae

Un interessante articolo del Bollettino Adapt riflette sugli annunci di lavoro di Garanzia Giovani, “declinati” solo al femminile…

 

“Genere e identità professionale: l’insostenibile leggerezza delle offerte di lavoro di Garanzia Giovani”, di Federica De Luca, ADAPT Junior Fellow

http://www.bollettinoadapt.it/genere-e-identita-professionale-linsostenibile-leggerezza-delle-offerte-di-lavoro-di-garanzia-giovani/

 

Gender gap e pensioni

Vi proponiamo due contributi che riguardano il gender gap in materia di pensioni e previdenza, tanto obbligatoria quanto complementare…

 

* “Pensioni, pressing di Strasburgo: ridurre gender gap”, di Pierpaolo Arzilla, Conquiste del Lavoro

http://www.conquistedellavoro.it/global/pensioni-pressing-di-strasburgo-ridurre-gender-gap-1.10790

 

* “Le prospettive evolutive della previdenza complementare. Un’opportunità per superare anche il gap previdenziale di genere”, di Antonella Valeriani, Commissario COVIP (Commissione Vigilanza sui Fondi Pensione), Working Paper Adapt

http://www.bollettinoadapt.it/wp-content/uploads/2017/05/wp_5_2017_valeriani.pdf

Flipped gender gap

Un esempio di divario di genere “ribaltato”. Arriva dai vertici delle aziende statunitensi e ne parla “Il Sole 24 Ore”…

 

“Le Ceo Usa guadagnano più dei colleghi”, di Monica D’Ascenzo, Il Sole 24 Ore

http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2017-05-30/le-ceo-usa-guadagnano-piu-colleghi-185021.shtml?uuid=AEMIZnVB&refresh_ce=1

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